I ragazzi difficili sono quelli che mettono in
risalto la malattia dell’umanità. Maggiore è il loro numero, maggiore è la
gravità di tale malattia. Loro esprimono il disagio, ma la malattia è nostra.
Mettiamoci in azione. Loro non aspettano altro.
Chiedono che ci si liberi da ipocrisie e idee
castranti.
Molti adolescenti mi dicono che vedono intorno a sé la
follia dei “grandi” e sentono l’anima scalpitare dal desiderio di dire la
propria. La maggior parte, però, tace, perché la giovane età li rende, agli
occhi del saggio adulto, persone che ancora non sanno vivere nel modo giusto, che devono ancora apprendere come ci si comporta,
cosa bisogna dire, addirittura cosa è lecito pensare, provare, desiderare.
Apriamo gli occhi!
Vogliono parlare d’Amore, ma il saggio adulto fa
fatica a rintracciarne il valore all’interno di se stesso.
Vogliono parlare di come vivono il fare l’Amore e il
saggio adulto si imbarazza.
Vogliono parlare del desiderio di modificare lo status
quo, di oltrepassare i limiti, di
conoscere lo sconosciuto, ma il saggio adulto blocca la conversazione sul
nascere.
La maggior parte di loro finisce con il considerarci
gente che non li comprende e che, spesso, li sottovaluta. Si rinchiudono,
pertanto, in un mondo a parte, che nella realtà è molto distante da quello che
i grandi pensano. Svegliamoci!
Se non permettiamo loro di scoprire la vita, se li
facciamo sentire in colpa per ciò che provano o desiderano, se annientiamo le
loro richieste sul nascere, poi non dobbiamo stupirci se a 18 anni prendono
extacy o si fanno di mescalina per ritrovare ciò che noi abbiamo represso.
Incominciamo con il riconoscere che i ragazzi,
soprattutto quelli “difficili”, possiedono energia vitale preziosissima, in
quantità illimitata, da cui possiamo attingere per la nostra stessa evoluzione.
Dopo di che, permettiamo loro di esprimersi, di lasciarsi andare, di non temere
i nostri giudizi. Consentiamo loro di ammettere che hanno conosciuto l’altro
sesso, senza condannarli, e parliamo con loro di Amore, di energia sessuale e
delle sue manifestazioni. Lasciamo che ci svelino le loro infinite emozioni
senza collocarle in qualche illusoria categoria mentale, ma godendo della
preziosa condivisione.
Sono tornati a casa sbronzi a 14 anni? Prima di
recluderli in casa per i successivi dieci anni, proviamo ad indagare sul perché
amano lo stato di ebbrezza. Probabilmente scopriremo che piacciono le
sensazioni di disinibizione, sicurezza in se stessi e la possibilità di osare
che si sperimentano con l’alcool.
Riflettiamoci. Non abbiamo tutti voglia di sentirci
più sicuri di noi, più disinibiti, di avere il coraggio di esporci? E’ su
questo che dobbiamo lavorare!
Le motivazioni che portano a sperimentare ciò
che per il genitore o il Prof è sbagliato (quando la finiremo di dividere tutto in giusto e sbagliato?),
a mio parere, sono indice di dinamismo, coraggio, intelligenza.
Non intendo essere fraintesa: considero le motivazioni
dietro l’atto, e non l’atto in sé, ad essere indice di qualità “frizzanti”. E,
ribadisco, è sulle motivazioni che dobbiamo lavorare.
E’ dannoso reprimere la manifestazione di alcune
esigenze senza neanche aver compreso quali siano!
Li abbiamo “beccati” fare uso di droghe? Prima di
prendere provvedimenti, ascoltiamo cosa è stato vissuto nello stato di
coscienza alterato. Sicuramente il sentirsi un tutt’Uno con gli altri, il provare felicità incondizionata, il
percepire il pensiero dell’amico o l’instaurare una comunicazione empatica con
il partner sono stati effetti graditi. Di nuovo, è su questi aspetti che
dobbiamo lavorare.
Se noi stessi non sappiamo da che parte cominciare,
non significa che io stia dicendo stupidaggini. Prima di tutto, ammettiamo la
nostra eventuale incapacità, poi proviamo a “lavorarci su”… Scopriremo che
siamo i primi a desiderare la felicità incondizionata, a volerci sentire tutt’Uno con il mondo, a voler essere più percettivi ed
intuitivi. Se noi lavoriamo su questi aspetti, poi saremo maggiormente in grado
di comprendere il ragazzo “sbandato” e soprattutto, saremo in grado di lavorare
davvero con lui e non contro di lui.
E’ perfettamente sano volersi sentire liberi,
disinibiti, sicuri, empatici, percettivi, gioiosi.
E’ perfettamente sano desiderare conoscere l’altro
sesso, il suo corpo, le sue emozioni.
E’ perfettamente sana la tentazione di spingersi al
limite delle proprie possibilità: serve a prendere coscienza di sé, delle
proprie attitudini e qualità.
Quello che noi possiamo fare per i ragazzi,
problematici e non, è aiutarli a comprendere come canalizzare queste “spinte”.
Si tratta di “spinte” fortemente creative, che possono essere dirette verso
opere eccezionali.
Aiutiamoli ad essere ciò che sono e a manifestare la
loro vocazione: spesso gli atteggiamenti che il saggio adulto crede essere
educativi, sono, in realtà,
repressivi/costrittivi. Agiamo in buona fede, ma seppelliamo pezzi di loro che
loro stessi faranno fatica a ritrovare.
In pratica, cosa possiamo fare di davvero utile noi nuovi
genitori e/o nuovi Prof?
1) Lavoriamo noi, su di noi
2) Re-impariamo ad amare noi stessi (abbiamo smesso di
farlo durante la crescita, per timore di essere giudicati narcisisti o
egoisti): loro copieranno.
3) Cerchiamo di rimanere aperti. A tutto.
4) Non scappiamo dalle domande tabù. Rispondiamo con
più onestà possibile e senza inutili moralismi.
5) Accantoniamo la paura di sbagliare. Facciamo
semplicemente del nostro meglio, con più amore possibile.
6) Non neghiamo mai il contatto fisico. Se hanno
bisogno di un abbraccio, una carezza, una pacca sulla spalla, un bacio,
diamoglieli. Non è offrendo loro contatto che perdiamo autorità. La perdiamo,
invece, mentendo o negando la nostra presenza.
7) Non impediamo loro di avvicinarsi agli altri:
conoscere l’altro implica sperimentare se stessi.
8) Diciamo loro di non perdere mai il legame con le
loro parti più profonde.
9) Lasciamoli ballare, cantare, ridere, dipingere,
scrivere, giocare a loro piacimento. Le nostre “dritte”, spesso, sono inutili
o, peggio, limitanti.
10) Perdoniamoli e insegneremo loro a perdonarsi
(liberandoli da un pesante bagaglio emozionale).
11) Ricordiamoci, sempre, che siamo delle guide e non abbiamo nessun diritto su di loro.
12) Lasciamoli scegliere liberamente gli studi, gli
sport da praticare, i partner, gli amici, gli hobbies.
13) Non giudichiamoli mai.
14) Insegniamo loro a lavorare su di loro.
In questo modo li aiutiamo a responsabilizzarsi, a
diventare veri artefici della loro
vita, ad essere autonomi, non frustrati e non manipolabili.
N.B. Nel caso in cui lo abbiamo già iniziato, noi nuovi
Prof non dobbiamo mai abbandonare il
lavoro su di noi: tutti i traguardi interiori da noi raggiunti vengono loro
trasmessi.
Trasmissione
viene prima che formazione.
…
Se non è stato iniziato nessun lavoro su di sé… E’ ora
di iniziarlo.
(Per comprendere cosa significa “lavorare su di sé”
consiglio di leggere i libri di Salvatore Brizzi).
Le tue parole sono piene di saggezza :-)Davide
RispondiEliminaGiusto ciò che scrivi, ma non dimentichiamo che:
RispondiElimina"Al mondo ci sono persone che si dedicano alla coltivazione dei fiori più belli solo per poterne strappare i petali".
YUKIO MISHIMA - NEVE DI PRIMAVERA
NOI siamo queste persone. Riconosciamo in noi stessi questa realtà e impariamo ad accettarla nei nostri ragazzi, o continueremo ad essere degli ipocriti o degli illusi scontenti, irrimediabilmente divisi fra intenzioni palesi e desideri nascosti.
Molto di ciò che hai scritto riguarda la scuola della nuova era! Come hai detto, importante è che gli educatori abbiano integrato le loro personalità...ci aspetta un lavoro impegnativo! Credo tuttavia che nella scuola pubblica alcune cose non siano proprio fattibili, bisognerà fondare nuove scuole!!!((-:
RispondiEliminaBuon lavoro proff...