mercoledì 28 dicembre 2011

La strada interiore


Abbiamo perso la capacità di cogliere le sensazioni che ci chiamano a percorrere una certa strada. Dobbiamo tornare a saper individuare quelle “spinte”, che, a volte vivide, a volte sfumate, ci indicano verso quale approdo dirigerci. Il problema è che quando tali sensazioni (intuizioni) arrivano, noi, trascinati da correnti di pensiero autogenerate (non siamo certo noi a decidere di essere attraversati da tali correnti!), le releghiamo in un angolo nella nostra psiche, lontane, lontanissime dalla nostra consapevolezza. Siamo infatti diventati come barche trascinate senza più controllo in gorghi, vortici, maremoti che ci spingono ora qua, ora là, facendoci spesso finire miseramente contro scogliere fino a poco prima invisibili. Riprendiamo in mano le mappe. Ritroviamo la capacità di cogliere e prevedere la direzione del vento. Torniamo capitani della nostra barca.
Ogni barca ha la sua destinazione. Ogni barca ha la sua ragion d’essere nel mare della vita.
Spesso appiattiamo la vita con il modo stesso in cui la concepiamo. Dimentichiamo la nostra missione, la nostra vocazione. Crediamo di non averne una e così la vita diventa un non-sense fatto di un susseguirsi di eventi perfettamente adattati allo schema, che rientrano nelle medie statistiche già calcolate dalle compagnie assicurative.
Risultato? Depressioni. Ansie. Senso di inadeguatezza. Mancanza di obiettivi. Frustrazione. Insoddisfazione. Assenza di scopo.
Personalmente scelgo qualcos’altro.
Desidero scegliere un viaggio fuori dall’itinerario battuto. Se è vero che sono una persona unica e irripetibile, allora ci sarà una ragione ben precisa per la mia esistenza.
Che significato avrebbe un mondo fatto di persone uniche e irripetibili che non hanno nessuna missione? Che senso avrebbe un mondo fatto di zombie che tutti i giorni aderiscono perfettamente al modello preconfezionato senza sentire alcuna vocazione? 
Non voglio che la mia identità si riduca a quella della schiava-consumatrice. Non voglio essere la pila del sistema da sfruttare energeticamente per il suo mantenimento.
Dobbiamo imparare ad utilizzare l’energia vitale che possediamo per autorealizzarci, per incarnare la ragione del nostro essere qui.
Come fare?
Smettiamola di fare le vittime e domandiamoci tutti i giorni chi siamo e cosa siamo venuti a fare. All’inizio sarà difficile perché siamo poco abituati a guardarci dentro, pian piano incomincerà a piacerci, e, dopo aver superato le Notti Buie dell'Anima, non potremo più farne a meno.
Riporto una frase di James Hillman de Il codice dell’anima (grazie Marco!): “Secondo Plotino, il maggiore dei filosofi neoplatonici, noi ci siamo scelti il corpo, i genitori, il luogo e la situazione di vita adatti all’anima e corrispondenti alla sua necessità”.
Noi non siamo il mero risultato del palleggio fra genetica e ambiente-società. Scopriamo chi siamo veramente. Torniamo a relazionarci con il mistero, il mito, la bellezza, la spiritualità. Per farlo davvero (e non come zombie che vogliono fare gli alternativi) dobbiamo rimanere presenti a noi stessi. Dobbiamo diventare coscienti di noi. Dobbiamo svegliarci



2 commenti:

  1. Marco Vincenti29 dicembre, 2011

    Se vuoi davvero compiere un itinerario fuori dall'itinerario battuto, preparati ad un cammino da lupo solitario. Harry Haller insegna...

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