Abbiamo perso la capacità di
cogliere le sensazioni che ci chiamano a percorrere una certa strada. Dobbiamo
tornare a saper individuare quelle “spinte”, che, a volte vivide, a volte
sfumate, ci indicano verso quale approdo dirigerci. Il problema è che quando
tali sensazioni (intuizioni) arrivano, noi, trascinati da correnti di pensiero autogenerate
(non siamo certo noi a decidere di essere
attraversati da tali correnti!), le releghiamo in un angolo nella nostra
psiche, lontane, lontanissime dalla nostra consapevolezza. Siamo infatti
diventati come barche trascinate senza più controllo in gorghi, vortici,
maremoti che ci spingono ora qua, ora là, facendoci spesso finire miseramente
contro scogliere fino a poco prima invisibili. Riprendiamo in mano le mappe. Ritroviamo
la capacità di cogliere e prevedere la direzione del vento. Torniamo capitani
della nostra barca.
Ogni barca ha la sua
destinazione. Ogni barca ha la sua ragion d’essere nel mare della vita.
Spesso appiattiamo la vita con il
modo stesso in cui la concepiamo. Dimentichiamo la nostra missione, la nostra
vocazione. Crediamo di non averne una e così la vita diventa un non-sense fatto di un susseguirsi di eventi perfettamente
adattati allo schema, che rientrano nelle medie statistiche già calcolate dalle
compagnie assicurative.
Risultato? Depressioni. Ansie.
Senso di inadeguatezza. Mancanza di obiettivi. Frustrazione. Insoddisfazione.
Assenza di scopo.
Personalmente scelgo qualcos’altro.
Desidero scegliere un viaggio
fuori dall’itinerario battuto. Se è vero che sono una persona unica e
irripetibile, allora ci sarà una ragione ben precisa per la mia esistenza.
Che significato avrebbe un mondo
fatto di persone uniche e irripetibili che non hanno nessuna missione? Che
senso avrebbe un mondo fatto di zombie che tutti i giorni aderiscono
perfettamente al modello preconfezionato senza sentire alcuna vocazione?
Non voglio che la mia identità si
riduca a quella della schiava-consumatrice. Non voglio essere la pila del
sistema da sfruttare energeticamente per il suo mantenimento.
Dobbiamo imparare ad utilizzare
l’energia vitale che possediamo per autorealizzarci, per incarnare la ragione
del nostro essere qui.
Come fare?
Smettiamola di fare le vittime e
domandiamoci tutti i giorni chi siamo e cosa
siamo venuti a fare. All’inizio sarà
difficile perché siamo poco abituati a guardarci dentro, pian piano incomincerà
a piacerci, e, dopo aver superato le Notti Buie dell'Anima, non potremo più farne a meno.
Riporto una frase di James
Hillman de Il codice dell’anima (grazie
Marco!): “Secondo Plotino, il maggiore
dei filosofi neoplatonici, noi ci siamo scelti il corpo, i genitori, il luogo e
la situazione di vita adatti all’anima e corrispondenti alla sua necessità”.
Noi non siamo il mero risultato
del palleggio fra genetica e ambiente-società. Scopriamo chi siamo veramente.
Torniamo a relazionarci con il mistero, il mito, la bellezza, la spiritualità.
Per farlo davvero (e non come zombie che
vogliono fare gli alternativi) dobbiamo rimanere presenti a noi stessi.
Dobbiamo diventare coscienti di noi. Dobbiamo svegliarci.
ben detto
RispondiEliminaSe vuoi davvero compiere un itinerario fuori dall'itinerario battuto, preparati ad un cammino da lupo solitario. Harry Haller insegna...
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