mercoledì 28 dicembre 2011

La strada interiore


Abbiamo perso la capacità di cogliere le sensazioni che ci chiamano a percorrere una certa strada. Dobbiamo tornare a saper individuare quelle “spinte”, che, a volte vivide, a volte sfumate, ci indicano verso quale approdo dirigerci. Il problema è che quando tali sensazioni (intuizioni) arrivano, noi, trascinati da correnti di pensiero autogenerate (non siamo certo noi a decidere di essere attraversati da tali correnti!), le releghiamo in un angolo nella nostra psiche, lontane, lontanissime dalla nostra consapevolezza. Siamo infatti diventati come barche trascinate senza più controllo in gorghi, vortici, maremoti che ci spingono ora qua, ora là, facendoci spesso finire miseramente contro scogliere fino a poco prima invisibili. Riprendiamo in mano le mappe. Ritroviamo la capacità di cogliere e prevedere la direzione del vento. Torniamo capitani della nostra barca.
Ogni barca ha la sua destinazione. Ogni barca ha la sua ragion d’essere nel mare della vita.
Spesso appiattiamo la vita con il modo stesso in cui la concepiamo. Dimentichiamo la nostra missione, la nostra vocazione. Crediamo di non averne una e così la vita diventa un non-sense fatto di un susseguirsi di eventi perfettamente adattati allo schema, che rientrano nelle medie statistiche già calcolate dalle compagnie assicurative.
Risultato? Depressioni. Ansie. Senso di inadeguatezza. Mancanza di obiettivi. Frustrazione. Insoddisfazione. Assenza di scopo.
Personalmente scelgo qualcos’altro.
Desidero scegliere un viaggio fuori dall’itinerario battuto. Se è vero che sono una persona unica e irripetibile, allora ci sarà una ragione ben precisa per la mia esistenza.
Che significato avrebbe un mondo fatto di persone uniche e irripetibili che non hanno nessuna missione? Che senso avrebbe un mondo fatto di zombie che tutti i giorni aderiscono perfettamente al modello preconfezionato senza sentire alcuna vocazione? 
Non voglio che la mia identità si riduca a quella della schiava-consumatrice. Non voglio essere la pila del sistema da sfruttare energeticamente per il suo mantenimento.
Dobbiamo imparare ad utilizzare l’energia vitale che possediamo per autorealizzarci, per incarnare la ragione del nostro essere qui.
Come fare?
Smettiamola di fare le vittime e domandiamoci tutti i giorni chi siamo e cosa siamo venuti a fare. All’inizio sarà difficile perché siamo poco abituati a guardarci dentro, pian piano incomincerà a piacerci, e, dopo aver superato le Notti Buie dell'Anima, non potremo più farne a meno.
Riporto una frase di James Hillman de Il codice dell’anima (grazie Marco!): “Secondo Plotino, il maggiore dei filosofi neoplatonici, noi ci siamo scelti il corpo, i genitori, il luogo e la situazione di vita adatti all’anima e corrispondenti alla sua necessità”.
Noi non siamo il mero risultato del palleggio fra genetica e ambiente-società. Scopriamo chi siamo veramente. Torniamo a relazionarci con il mistero, il mito, la bellezza, la spiritualità. Per farlo davvero (e non come zombie che vogliono fare gli alternativi) dobbiamo rimanere presenti a noi stessi. Dobbiamo diventare coscienti di noi. Dobbiamo svegliarci



venerdì 16 dicembre 2011

Facciamo l'Amore?


Una delle tematiche che mi piacerebbe affrontare con gli adolescenti riguarda il rapporto tra i corpi. 
Ritengo che non si abbiano nè spazi, nè tempi sufficienti per affrontare il tema.. 
Ho chiesto a due ragazzi, un maschio (17 anni) e una femmina (15 anni), di "tirar fuori" qualcosa relativo al contatto più intimo in assoluto: il rapporto sessuale.
Lo scopo è stato esclusivamente quello di smuovere qualcosa al loro interno, di spingerli a interrogarsi. Non commenterò in alcun modo il loro pensiero, non in questa sede.

Riporto ciò che mi hanno scritto, senza alcuna modifica.


Io e il fare l’Amore: il mio punto di vista e quello socio-religioso

Vorrei esprimere il mio pensiero riguardo al fare l’Amore, descrivendo ciò che sento: 
  • facendo l’Amore, tra me e la persona che amo si forma un legame intenso
  • è facendo l’Amore che io provo qualcosa di molto profondo
  • è facendo l’Amore che io mi sento parte dell’altro, non ci sono più io e non c’è più lui, non ci sono neanche più due corpi e due anime, ma un tutt’uno che si trasforma ogni volta in qualcosa di magico 
  • facendo l’Amore sento una gioia straripante, un’energia forte
  • facendo l’amore io sento vero Amore che fluisce, che è infinito e che è condiviso nel modo più naturale che esista!

Questo è ciò che sento riguardo il “fare l’Amore”, cioè che sia una forma e una condivisione dell’Amore stesso.
Il punto di vista socio-religioso non è proprio simile, perché considera il fare l’Amore un peccato. A me personalmente è stato detto da un esponente della Chiesa che facevo qualcosa di sporco, di impuro, insomma, qualcosa che non avrei dovuto fare. 
Ma se le religioni affermano di esistere per diffondere l’Amore nel mondo, allora perché condannano il suo modo di esprimersi più puro? Perché cercano di reprimerlo ad ogni costo?

Roberta


Non è Amore senza amore

Inizierei parlando della differenza tra Amore e Sesso, secondo me. Il Sesso è un’azione legata esclusivamente al piacere; da molti viene visto come un modo per passare il tempo o come modo per vantarsi tra amici. Non nego che la classica sveltina o avventura di una notte non sia eccitante e piacevole per un uomo quanto per alcune donne ma resta comunque un atto mal visto. L’uomo viene etichettato come maiale e la donna come meretrice, per essere fine. La parte più brutta del fare Sesso è che non rimane niente dopo averlo fatto: nessuna emozione, nessun sentimento, pochi ricordi riguardanti solo posizione, luogo e dimensione del seno. Parlo cosi perché non voglio nascondere che anche io ho vissuto un’esperienza di questo tipo, e posso dire che pensandoci ne avrei anche fatto a meno.
Invece fare l’Amore è tutto il contrario. Fare l’Amore è come essere avvolti in un vortice pieno di sensazioni; quando lo si fa in una coppia è come se si diventasse un corpo unico unito e inseparabile, un corpo in armonia e in sintonia nei movimenti e nel piacere. Si dà e si riceve. Tutto questo avviene però quando in una coppia ci si ama perché non è Amore senza amore. Senza che ci si ami diventerebbe Sesso facilmente confondibile con Amore.
Quando ero nel letto con LEI tutto ciò che c’era intorno spariva e l’unico mio pensiero era quello di stringerla a me, baciarla e farla stare bene. Quando facevo l’Amore con LEI mi ricordavo tutto, dentro di me rimanevano emozioni e sentimenti.
L’unica cosa che non sparivano erano il citofono e il telefono di casa. Questi ultimi i peggior nemici e fonte di distrazione di quando si fa l’Amore. Insopportabili!

Amore = Sesso pieno di emozioni che rimangono nella testa e nel cuore, fatto con la persona che si ama.
Sesso = Sesso in posti diversi, con ragazze diverse. Eccitamento. Vanto tra amici e colleghi. Niente di quella avventura rimane dentro il cuore o la testa.

Il fare l’Amore, nonostante sia una cosa normale e comune, viene ancora visto come qualcosa di trasgressivo e da censurare. Sotto certi punti di vista credo sia giusto tenerlo celato, dopotutto è anche un momento intimo e personale di una coppia.
Se parliamo di Sesso è diverso. Il Sesso è quello che tutti, almeno una volta nella loro vita, hanno visto in un film o in un piccolo video su qualche sito hard; giustamente può essere imbarazzante vedere due persone fare ciò che si vede in quei video.
C’è anche una bella fetta però che non disdegna tutto ciò, anzi, si “gasa” e si sente come al cinema, pronta per assistere allo spettacolo.
Però perché scandalizzarsi tanto per un atto cosi naturale? Molto spesso, rimango senza parole quando vedo il papa che ricoperto d’oro “dona” una preghiera ai caduti e agli affamati, innocenti e indifesi.
Le parole del papa riguardanti i metodi contraccettivi mi hanno lasciato stupito e attonito. Poi la chiesa condanna chi fa l’Amore o fa Sesso perché è un peccato. Ma che peccato e peccato?!?!? Fornicare è l’atto che sta alla base dell’origine della vita! Che peccato c’è nel provare piacere e magari far nascere anche un bambino. La cosa più bella del mondo deriva da un PECCATO. Ma io dico che è un peccato non avere tra le mani i membri ecclesiastici per prenderli a schiaffi e far capire loro chi è che veramente dà la vita.
Fate l’Amore e non la guerra!
L’importante è che venga fatto con consapevolezza, che venga fatto quando lo si vuole davvero e non solo per apparire più grandi o per non farsi prendere in giro dagli amici.
Passare quel momento in armonia con il partner. Dove e quando non importa, neanche se si fa Sesso, l’importante è che lo si voglia veramente tutti e due (potrebbe capitare anche in tre o quattro, ma, ribadisco, lo si deve volere veramente).
Sono assolutamente convinto che ci siano molti particolari sull’argomento che dovrebbero essere scoperti. Bisogna parlarne di più, soprattutto tra giovani, ma anche tra adulti. Un bel gruppo misto che affronta la tematica Amore/Sesso. Sarebbe di aiuto a tutti a parer mio.

Amore e Sesso… Un pensiero fisso…

Mattia Torre
28/11/2011









giovedì 15 dicembre 2011

La Fiamma






Questo post è dedicato alla Fiamma. A quella Luce che tutti, o quasi, possediamo internamente. A quell’Essenza vibrante, indescrivibile, che anima il nostro corpo. A quel Soffio Vitale che ci fa sentire la vita. A quell'Entità intangibile e invisibile che non obbedisce alle leggi spazio-temporali.  

Qualcuno tiene la Fiamma nascosta in una profonda cavità della sua esistenza. 

Qualcuno la manifesta palesemente.

Qualcuno la esibisce o la nasconde a seconda del contesto.

Qualcuno la dimentica. 

Qualcuno la diventa. 

Quando vedo quel Fuoco nelle persone vibro fin nelle viscere.

Quando sento quel Fuoco mi si scioglie il Cuore. 

Quando ascolto di Sogni, Progetti, Fantasie, Azioni animate dalla Fiamma mi sento travolgere da un vortice potente, capace di trasportarmi ovunque, di rendermi invincibile. 

La Fiamma ha un guscio di pelle umana. La mia, la tua. 

E’ nostro dovere entrare dentro quella Luce e vivere in essa.

E’ nostro dovere non dimenticarci di Lei.

Noi siamo Lei.

E’ nostro dovere non dimenticarci di noi stessi.





mercoledì 16 novembre 2011

Ragazzi sbandati (o adulti dormienti?)

Questo post è dedicato ai “ragazzi difficili”.

I ragazzi difficili sono quelli che mettono in risalto la malattia dell’umanità. Maggiore è il loro numero, maggiore è la gravità di tale malattia. Loro esprimono il disagio, ma la malattia è nostra.

Mettiamoci in azione. Loro non aspettano altro.
Chiedono che ci si liberi da ipocrisie e idee castranti.
Molti adolescenti mi dicono che vedono intorno a sé la follia dei “grandi” e sentono l’anima scalpitare dal desiderio di dire la propria. La maggior parte, però, tace, perché la giovane età li rende, agli occhi del saggio adulto, persone che ancora non sanno vivere nel modo giusto, che devono ancora apprendere come ci si comporta, cosa bisogna dire, addirittura cosa è lecito pensare, provare, desiderare.
Apriamo gli occhi!
Vogliono parlare d’Amore, ma il saggio adulto fa fatica a rintracciarne il valore all’interno di se stesso.
Vogliono parlare di come vivono il fare l’Amore e il saggio adulto si imbarazza.
Vogliono parlare del desiderio di modificare lo status quo, di oltrepassare i limiti, di conoscere lo sconosciuto, ma il saggio adulto blocca la conversazione sul nascere.
La maggior parte di loro finisce con il considerarci gente che non li comprende e che, spesso, li sottovaluta. Si rinchiudono, pertanto, in un mondo a parte, che nella realtà è molto distante da quello che i grandi pensano. Svegliamoci!
Se non permettiamo loro di scoprire la vita, se li facciamo sentire in colpa per ciò che provano o desiderano, se annientiamo le loro richieste sul nascere, poi non dobbiamo stupirci se a 18 anni prendono extacy o si fanno di mescalina per ritrovare ciò che noi abbiamo represso.
Incominciamo con il riconoscere che i ragazzi, soprattutto quelli “difficili”, possiedono energia vitale preziosissima, in quantità illimitata, da cui possiamo attingere per la nostra stessa evoluzione. Dopo di che, permettiamo loro di esprimersi, di lasciarsi andare, di non temere i nostri giudizi. Consentiamo loro di ammettere che hanno conosciuto l’altro sesso, senza condannarli, e parliamo con loro di Amore, di energia sessuale e delle sue manifestazioni. Lasciamo che ci svelino le loro infinite emozioni senza collocarle in qualche illusoria categoria mentale, ma godendo della preziosa condivisione.
Sono tornati a casa sbronzi a 14 anni? Prima di recluderli in casa per i successivi dieci anni, proviamo ad indagare sul perché amano lo stato di ebbrezza. Probabilmente scopriremo che piacciono le sensazioni di disinibizione, sicurezza in se stessi e la possibilità di osare che si sperimentano con l’alcool.
Riflettiamoci. Non abbiamo tutti voglia di sentirci più sicuri di noi, più disinibiti, di avere il coraggio di esporci? E’ su questo che dobbiamo lavorare!
Le motivazioni che portano a sperimentare ciò che per il genitore o il Prof è sbagliato (quando la finiremo di dividere tutto in giusto e sbagliato?), a mio parere, sono indice di dinamismo, coraggio, intelligenza.
Non intendo essere fraintesa: considero le motivazioni dietro l’atto, e non l’atto in sé, ad essere indice di qualità “frizzanti”. E, ribadisco, è sulle motivazioni che dobbiamo lavorare.
E’ dannoso reprimere la manifestazione di alcune esigenze senza neanche aver compreso quali siano!
Li abbiamo “beccati” fare uso di droghe? Prima di prendere provvedimenti, ascoltiamo cosa è stato vissuto nello stato di coscienza alterato. Sicuramente il sentirsi un tutt’Uno con gli altri, il provare felicità incondizionata, il percepire il pensiero dell’amico o l’instaurare una comunicazione empatica con il partner sono stati effetti graditi. Di nuovo, è su questi aspetti che dobbiamo lavorare.
Se noi stessi non sappiamo da che parte cominciare, non significa che io stia dicendo stupidaggini. Prima di tutto, ammettiamo la nostra eventuale incapacità, poi proviamo a “lavorarci su”… Scopriremo che siamo i primi a desiderare la felicità incondizionata, a volerci sentire tutt’Uno con il mondo, a voler essere più percettivi ed intuitivi. Se noi lavoriamo su questi aspetti, poi saremo maggiormente in grado di comprendere il ragazzo “sbandato” e soprattutto, saremo in grado di lavorare davvero con lui e non contro di lui.
E’ perfettamente sano volersi sentire liberi, disinibiti, sicuri, empatici, percettivi, gioiosi.
E’ perfettamente sano desiderare conoscere l’altro sesso, il suo corpo, le sue emozioni.
E’ perfettamente sana la tentazione di spingersi al limite delle proprie possibilità: serve a prendere coscienza di sé, delle proprie attitudini e qualità.
Quello che noi possiamo fare per i ragazzi, problematici e non, è aiutarli a comprendere come canalizzare queste “spinte”. Si tratta di “spinte” fortemente creative, che possono essere dirette verso opere eccezionali.
Aiutiamoli ad essere ciò che sono e a manifestare la loro vocazione: spesso gli atteggiamenti che il saggio adulto crede essere educativi,  sono, in realtà, repressivi/costrittivi. Agiamo in buona fede, ma seppelliamo pezzi di loro che loro stessi faranno fatica a ritrovare.



In pratica, cosa possiamo fare di davvero utile noi nuovi genitori e/o nuovi Prof?

1) Lavoriamo noi, su di noi

2) Re-impariamo ad amare noi stessi (abbiamo smesso di farlo durante la crescita, per timore di essere giudicati narcisisti o egoisti): loro copieranno.

3) Cerchiamo di rimanere aperti. A tutto.

4) Non scappiamo dalle domande tabù. Rispondiamo con più onestà possibile e senza inutili moralismi.

5) Accantoniamo la paura di sbagliare. Facciamo semplicemente del nostro meglio, con più amore possibile.

6) Non neghiamo mai il contatto fisico. Se hanno bisogno di un abbraccio, una carezza, una pacca sulla spalla, un bacio, diamoglieli. Non è offrendo loro contatto che perdiamo autorità. La perdiamo, invece, mentendo o negando la nostra presenza.

7) Non impediamo loro di avvicinarsi agli altri: conoscere l’altro implica sperimentare se stessi.

8) Diciamo loro di non perdere mai il legame con le loro parti più profonde.

9) Lasciamoli ballare, cantare, ridere, dipingere, scrivere, giocare a loro piacimento. Le nostre “dritte”, spesso, sono inutili o, peggio, limitanti.

10) Perdoniamoli e insegneremo loro a perdonarsi (liberandoli da un pesante bagaglio emozionale).

11) Ricordiamoci, sempre, che siamo delle guide e non abbiamo nessun diritto su di loro.

12) Lasciamoli scegliere liberamente gli studi, gli sport da praticare, i partner, gli amici, gli hobbies.

13) Non giudichiamoli mai.

14) Insegniamo loro a lavorare su di loro.

In questo modo li aiutiamo a responsabilizzarsi, a diventare veri artefici della loro vita, ad essere autonomi, non frustrati e non manipolabili.
N.B. Nel caso in cui lo abbiamo già iniziato, noi nuovi Prof non dobbiamo mai abbandonare il lavoro su di noi: tutti i traguardi interiori da noi raggiunti vengono loro trasmessi.
Trasmissione viene prima che formazione.
Se non è stato iniziato nessun lavoro su di sé… E’ ora di iniziarlo.

(Per comprendere cosa significa “lavorare su di sé” consiglio di leggere i libri di Salvatore Brizzi).

venerdì 11 novembre 2011

Sabbia Rossa


Sabbia Rossa.
Animata.
Vive, pulsa, si muove.
Maschere nere, sporche, logore, spesso la nascondono.
Guarda meglio, Lei è ovunque.
Ci sono amanti dietro quelle armature.
Ci sono petali ardenti dietro quegli scudi.
La Sabbia Rossa è lì, proprio lì, di fronte.
Notte e giorno lei sorride, eccitata.
Sentine l’odore, è pungente da far impazzire.
Sentine il richiamo: arriva ad urlare per manifestarsi.
Non c’è necessità di tintura. E’ già rossa.
Ed è infuocata. 

sabato 5 novembre 2011

ScolasticaMente parlando - parte 2

Qualcuno, riferendosi al post “Scolasticamente parlando - parte 1”, che consiglio di leggere prima di questo, potrebbe domandarsi in cosa consista il problema della formazione degli alunni esclusivamente sul piano mentale. In fin dei conti, gli insegnanti sono già abbastanza stressati e ci manca solo che si occupino di ulteriori aspetti dello sviluppo di certi adolescenti maleducati e ribelli.  A questo qualcuno, io rispondo che il lavoro di colui che mi diverto a chiamare “Nuovo Prof” non verrebbe modificato in quantità, ma in qualità.
Comunque, prima di approfondire il tema “quantità/qualità” (cosa che farò più avanti), vorrei far notare un particolare non proprio trascurabile: il sistema scuola crede di adempiere al proprio dovere formando delle Menti (in questa visione il lavoro su altri piani spetta alla famiglia o, magari, agli psicologi); la famiglia è convinta che il fatto che i ragazzi portino avanti un percorso scolastico, soprattutto se accompagnato da elevato profitto, rappresenti una condizione sufficiente per la loro crescita; la società attribuisce al complesso scuola-famiglia il compito di educare/formare/trasmettere. Alla fine nessuno fa niente di nuovo e il risultato è che gli adulti creano (a loro immagine e somiglianza) dei ragazzi che non hanno strumenti per guardarsi dentro e che, diversamente dalle certezze dei ragazzi stessi, non hanno imparato ad esercitare il libero arbitrio.

N.B: Neurofisiologi, psicologi, filosofi, antropologi, psichiatri, psicoanalisti danno definizioni di “mente” con sfumature differenti a seconda della corrente disciplinare a cui appartengono; qui per Mente intendo esclusivamente l’entità che fa capo all’organo “cervello”, che permette all’umano di ragionare, pensare, memorizzare, calcolare, ricordare, giudicare ecc.

Cosa può fare colui che intende diventare Nuovo Prof? Prima di tutto deve comprendere e accettare (bisogna fare appello ad una buona dose di umiltà) che è lui stesso, in primis, a dover iniziare un cammino di crescita personale.
Se si vuole educare all’auto-conoscenza, bisogna conoscersi.
Se si vuole educare all’auto-osservazione, bisogna osservarsi.
Se si vuole aiutare a sviluppare spirito critico, bisogna aver acquisito un vero spirito critico.
Se si vuole insegnare a lavorare con le emozioni, bisogna aver lavorato con le proprie.
Se si vuole avviare l’alunno ad una sana relazione con i compagni, bisogna aver instaurato una sana relazione con la classe.

Non si può insegnare qualcosa che non si conosce profondamente.

Si può forse insegnare matematica senza averla mai studiata? O a suonare uno strumento che non si è mai toccato? O la tecnica di una disciplina sportiva a cui non si sono dedicate ore ed ore del proprio tempo?

A voi la risposta.

giovedì 27 ottobre 2011

ScolasticaMente parlando - parte 1

La scuola è una realtà che mi sta a Cuore da molto tempo…
Chiudo gli occhi, provo a visualizzarmi negli abiti di “Prof” e non posso fare a meno di domandarmi quale ruolo vorrei avere all’interno del contesto scolastico.

Concentriamoci sull’entità “SCUOLA”: quali dovrebbero essere le sue funzioni? Ne elenco alcune, secondo il mio parere:

  • Accompagnare nello sviluppo di abilità logiche, matematiche, linguistiche, letterarie ecc.
  • Fornire informazioni utili alla comprensione di sé, del mondo e della realtà storico-sociale-culturale-tecnologica in cui si vive.
  • Educare all’auto-osservazione, all’auto-conoscenza e a “fraternizzare” con le proprie emozioni, qualunque esse siano.
  • Aiutare a tenere sveglia la coscienza e favorire il suo divenire sempre più vivida.
  • Favorire l’acquisizione di spirito critico.
  • Insegnare a gestirsi e relazionarsi in gruppo e a saper esprimere se stessi all’interno di esso.
  • Affrontare le tematiche “tabù”: sesso, droga, trasgressione, ribellione (dedicherò un post solo per questo tema).
  • Stimolare la conoscenza del proprio corpo.

Mi rendo conto di quanti siano i punti elencati e di quanto, attualmente, sia difficile per gli insegnanti occuparsi anche solo di uno di essi. A mio modo di vedere, l’attuale organizzazione scolastica non consente di lavorare al meglio e la stessa impreparazione dei "prof" nei confronti di alcuni aspetti esistenziali non è certo di aiuto.
Comunque, al di là di tutto, osservo la realtà dei fatti e mi domando quali funzioni scritte sopra vengano, in verità, espletate. Io credo che, nella migliore delle ipotesi, salvo rare eccezioni, alla fine della terza media vengano raggiunti i traguardi dei primi due punti; gli altri, spesso, non vengono neanche presi in considerazione. Quali “realtà umane”, pertanto, si vengono a creare? Principalmente due:

1) Il sacco pieno: l’alunno ha immagazzinato una serie di dati (più meno utili), acquisito un bagaglio nozionistico e sviluppato diverse abilità cognitive.
L’alunno non sa cosa sia l’auto-osservazione, non distingue se stesso dalle sue emozioni, forse non ha mai sentito parlare di coscienza, la relazione con l’altro è conflittuale e giudicante, il gruppo è luogo dove nascondersi e non dove esprimersi, lo spirito critico ha deciso di cambiar casa, parole come “sesso”, “droga”, “trasgressione” hanno acquistato significati che solo lui conosce.

2) Il sacco vuoto: l’hard disk dell’alunno non è stato riempito perché egli si è rifiutato. In compenso, in seguito alle ripetute basse valutazioni scolastiche, ha acquistato un senso di svalutazione di sé (che in questa società è molto utile!).
L’alunno non sa cosa sia l’auto-osservazione, non distingue se stesso dalle sue emozioni, forse non ha mai sentito parlare di coscienza, la  relazione con l’altro è conflittuale e giudicante, il gruppo è luogo dove nascondersi e non dove esprimersi, lo spirito critico ha deciso di cambiar casa, parole come “sesso”, “droga”, “trasgressione” hanno acquistato significati che solo lui conosce.

A questo punto Sacco Pieno e Sacco Vuoto sono pronti per la scuola superiore.

Angela

giovedì 20 ottobre 2011

Il Pianeta Azzurro

Una donna anziana era in Acqua con me. Cercava di affrontare i suoi timori nei confronti dell'ambiente liquido che, quando si è inesperti e titubanti, fa sentire sospesi in un disequilibrio disarmante. 
Provavo tenerezza per le sue paure e un profondo desiderio di trasformare le sue ansie in gioia. Percepivo la sua fragilità, il bisogno di appoggio, la necessità di essere supportata fisicamente e psicologicamente. 
Ho ascoltato.
...
L'ho guardata, tenuta per mano, massaggiata e invitata all'abbandono. 
...
Un grande successo. Viso in Acqua ed esperienza del galleggiamento. 
Io non ho fatto nulla: è stata lei e solo lei l'artefice della sua riuscita. Io l'ho solo accompagnata
Cosa è successo? Ho sentito la sua potenza, ho creduto in essa e le ho permesso di esprimerla. Dietro la fragilità, la paura, l'ansia, l'insicurezza, si celava una Donna forte, sensibile, disponibile all'ascolto e al contatto fisico.

Quando vogliamo aiutare qualcuno, o insegnargli qualcosa,  è necessario prima di tutto tentare di afferrarne le doti interiori, piuttosto che le abilità esteriori acquisite. Consentendo ad esse di manifestarsi, le imprese che sembrano titaniche ed improbabili risultano semplici e possibili.

martedì 18 ottobre 2011